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Condivido questa testimonianza:
“Ieri sera saremmo dovuti andare alla Promenade. Poi all’ultimo abbiamo deciso di stare a casa. Un po’ per pigrizia, un po’ perché da tempo evito le piazze affollate e gli assembramenti di persone. Mi chiedo sempre: chi ce lo fa fare? E se c’è qualche cretino fanatico che si fa saltare in aria? Purtroppo in questo senso hanno già vinto loro. Affanculo la retorica del “non ci arrendiamo”, del “viviamo come sempre”. Non è così. Vivere come si viveva prima è impossibile. Il rischio è entrato nella nostra quotidianità. E non si torna indietro. Quando eri piccolo ti hanno insegnato che prima di attraversare la strada devi guardare a destra e a sinistra perché ci può sempre essere qualche imbecille che ti arriva addosso. Ecco, ora ai “rischi normali” se n’è aggiunto un altro: quello delle stragi terroristiche e io cerco sempre di non andare dove c’è molta gente. E se non posso evitarlo, il mio sguardo vaga sempre alla ricerca di una via di fuga. Sesto senso? Presentimento? Secondo me è che semplicemente la paura è entrata a far parte del nostro vivere. Pensare a tutti quei bambini uccisi mi fa salire un nodo in gola. Morire o sopravvivere a un massacro del genere sono due cose molto vicine. Quando passi accanto ai corpi straziati, quando senti quelle urla, quando vedi certe scene, non vivi più”. |